Dal 26 aprile 2011 il Comune di Capurso ha un nuovo consulente esterno, nella persona del dott. Arturo Bianco, nato a Vizzini (CT) il 29/07/1954 e residente a Roma alla Via Italo Panattoni n. 91 – C.F. BNC RTR 54L29 M100T –.
L'incarico di consulenza, per il modico importo di Euro 6.000,00 è finalizzato a fornire in favore del Servizio Personale un adeguato supporto per la redazione di tutti gli atti amministrativi necessari a realizzare i seguenti obiettivi minimi:
revisione dell’organizzazione della struttura burocratica comunale anche mediante l’eventuale accorpamento di alcuni settori, servizi ed uffici, con il fine di ottimizzare e valorizzare le risorse umane attualmente in servizio, anche attraverso l’eventuale istituzione della qualifica dirigenziale;
aggiornare ovvero riscrivere il vigente regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e dei servizi approvato nel lontano 1998;
recepire nell’ordinamento locale anche i principi introdotti dal D.Lgs. 27/10/2009 n. 150, con specifico riferimento a quelli in materia di misurazione, valutazione e trasparenza della performance.
La nomina è stata disposta con determinazione n. 238/2011 dopo l'indicazione pervenuta dalla Giunta comunale con la deliberazione n. 12 del 2011.
Domanda: in tutta l'Italia meridionale non vi erano professionisti capaci di rendere la consulenza richiesta dall'amministrazione per l'ufficio personale?
Quali criteri sono stati adottati per la ponderata scelta?
Come si concilia il ricorso alla consulenza esterna con la seguente decisisione della Corte dei conti:
"Secondo la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per il Veneto – che si è pronunciata con la sentenza 2 ottobre 2008, è illegittima la delibera con cui la giunta di un Comune conferisca, per mera, asserita “opportunità” e non per motivata “necessità”, un incarico di consulenza a un professionista estraneo all’amministrazione, senza una previa disamina delle figure professionali interne all’ente e potenzialmente idonee a far fronte alle esigenze del caso specifico. L’adozione di siffatta delibera, manifestamente priva di adeguata motivazione, non solo si connota di per sé come comportamento gravemente colposo, in quanto sprezzante delle norme di legge sulla straordinarietà e sull’eccezionalità delle ipotesi di conferimento di incarichi esterni da parte delle amministrazioni pubbliche, ma può anche produrre danno erariale. Un danno, questo, al cui risarcimento possono essere tenuti, oltre che i componenti della giunta comunale, responsabili della delibera, anche il direttore generale dell’ente locale.
Affrontando il caso di specie, i giudici hanno ricordato la normativa vigente in tema di incarichi conferiti dalla PA a soggetti esterni. A questo proposito l’art. 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recita: “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”.
L'art. 110, comma 6, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) stabilisce, poi, che “per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento [sull'ordinamento degli uffici e dei servizi] può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità”. Orbene, il conferimento di incarichi professionali da parte delle PA costituisce un problema ricorrente nella giurisprudenza della Corte dei conti e sono da ritenere ormai consolidati gli orientamenti giurisprudenziali della stessa Corte, formatisi in materia. Un punto fermo è costituito dal carattere straordinario del ricorso ad apporti esterni. Le amministrazioni pubbliche devono di norma perseguire i fini istituzionali utilizzando il proprio personale, talché l'incarico esterno è lecito solo quando ciò non sia ragionevolmente possibile, o perché l'attività che deve essere svolta richieda un apporto professionale particolarmente elevato, sotto il profilo tecnico-scientifico, oppure perché, per ragioni contingenti e transitorie (quali l'insufficienza del personale in organico o l’oggettiva impossibilità del medesimo a provvedervi), anche quei compiti normalmente assolti con l'utilizzo della struttura interna, rendono necessario avvalersi di personale esterno. Consequenziale a questo principio di giurisprudenza è l’affermazione secondo cui è illecito l'incarico che si risolva in una mera duplicazione di attività che doveva essere svolta dagli uffici interni, proprio perché, in questo caso, dal soggetto esterno non viene all'ente alcun effettivo ausilio. E, poiché non vi è utilità, il compenso corrisposto al professionista esterno costituisce danno ingiusto per l'amministrazione.
Altro punto fermo nella giurisprudenza della Corte dei conti è che l'incarico debba avere un oggetto determinato, al fine di poter concretamente apprezzare l'effettivo adempimento della prestazione da parte del consulente e l'utilità della stessa per l'amministrazione committente (v. la sentenza della sezione giurisdizionale per la Sardegna 12 ottobre 2006, n. 615. Ebbene, con la casistica giurisprudenziale appena riassunta confliggeva del tutto la consulenza oggetto della causa decisa.
Attendo qualche risposta da parte di chi di dovere.
Pino Mariani - Il Capursese